25 maggio 2015
David Garrett: “Amo Paganini ma non faccio patti col diavolo”
“Per niente al mondo mi accorderei col demonio” giura il violinista tedesco, che il 30 maggio suonerà a Milano, diretto da Riccardo Chailly. E che a noi parla anche di mèches e teschi
di Maria Laura Giovagnini
Non aprite quel profilo Twitter. Trovereste le sue foto con una maschera di bellezza, durante un bagno rilassante in una vasca piena di schiuma, a bordo piscina con Martin (l’orsacchiotto-mascotte). Non aprite l’account Twitter di David Garrett: vi porterebbe fuori strada. Perché quel trentaquattrenne piacente – e piacióne – è una star del violino, con tre milioni di dischi venduti e un seguito femminile da idolo rock.
Figlio di un avvocato tedesco e di una prima ballerina americana, enfant prodige (a 13 anni il primo contratto esclusivo, con la Deutsche Grammophon), è pure nel Guinness dei primati per la più veloce esecuzione di Il volo del calabrone di Rimskij-Korsakov (un minuto e sei secondi). Lo vogliono registi – Bernard Rose gli ha affidato la parte di Paganini in Il violinista del diavolo – e, soprattutto, direttori d’orchestra quali Daniel Barenboim e Zubin Mehta (assieme hanno appena registrato l’album Timeless). Il 30 maggio sarà il solista di Concerto per Milano, l’appuntamento gratuito in piazza Duomo – trasmesso in diretta su Rai5 – con la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Chailly. Spettatori previsti: 50 mila.
Perché ha scelto di dividersi tra repertorio classico e rock-pop? In Timeless suona Brahms e Bruch, in Rock Symphonies alterna Smells Like Teen Spirit dei Nirvana e la Toccata di Bach, Master of Puppets dei Metallica e la Quinta di Beethoven…
Ho iniziato con il crossover perché amo tutti i generi, non c’è motivo di scegliere e di limitarsi.
Magari così le riesce più facile la missione di avvicinare le nuove generazioni a Mozart o Beethoven.
“Missione” suona così religioso… Credo che l’obiettivo di ogni artista sia far interessare il pubblico a ciò che lo appassiona.
Oggi quanto conta il look in questo tipo d’operazione?
È importante, inutile negarlo. Per avere presenza scenica occorre una certa unicità, una “diversità”. Il che comunque non significa rinunciare a essere quel che si è.
Come mai porta le mèches? Tante bionde lo sanno bene: è più difficile farsi prendere sul serio.
Non mi preoccupo di essere preso sul serio, mi basta che sia io a prendermi sul serio. Il colore dei capelli non cambia la personalità. Trovo che così mi stiano meglio, al naturale sarebbero marroni pelo di cane.
E l’anello con il teschio, in evidenza ogni volta che si esibisce?
Ce l’ho da un po’ d’anni, è una sorta di portafortuna.
Le ricorda un episodio significativo?
No, mi piace il design.
Quali considera i momenti chiave della sua vita?
Il giorno che ho preso per la prima volta in mano un violino, a quattro anni. Mio fratello maggiore ne aveva uno e io ero geloso, volevo tutto quello che possedeva lui. La seconda svolta è stata nel 1999, quando – dopo le superiori – ho lasciato la Germania e sono andato a New York a studiare musicologia e composizione con Itzhak Perlman alla Julliard School.
Era già famoso, perché trasferirsi e ricominciare?
Avevo bisogno di trovare la mia strada. E poi a quell’età chiunque desidera lasciare casa e scoprire il mondo, vivere le proprie esperienze.
Un desiderio ancora più comprensibile in chi, a 11 anni, era già così responsabilizzato da suonare con uno Stradivari.
Era in prestito, uno Stradivari me lo sono comprato soltanto sette anni fa… Non l’ho sentito come un peso, piuttosto come un onore e un’ispirazione, mi ha spinto a diventare un performer migliore.
Come si sopravvive a un’infanzia da bambino prodigio?
Sono parecchio testardo e non mollo.
E a una vita da trottola internazionale?
Sto fermo forse quattro settimane all’anno, l’ultima vacanza che ricordo è una toccata e fuga per Capodanno, alle Maldive con mamma. Però mi occorre poco per ricaricarmi: una passeggiata di notte, cose normali. Yoga e meditazione? Magari più avanti…
Il violino è uno strumento romantico. Lei lo è altrettanto?
C’è molto business nella mia vita e non puoi essere romantico quando si tratta di business… Ma in fondo spero di sì.
Una pazzia per amore?
Avevo una fidanzata e stava lavorando a Parigi. Ho volato 16 ore per stare assieme a lei due.
Adesso ha una relazione?
Ci sono tante persone nella mia vita.
Tante?
No no no, non fraintendiamo: relazioni d’amicizia. Ho appena iniziato a vedere qualcuno, quindi: sono impegnato.
Al cinema è stato Niccolò Paganini: per cosa stipulerebbe un patto con il diavolo?
Per nulla al mondo.
http://www.iodonna.it/personaggi/interv … l-diavolo/
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